mercoledì 16 novembre 2016

La Cultura nella Vita: Cui prodest?



La Cultura nella Vita:
Cui prodest?




Come nasce la categoria”Ambito Culturale”? Di cosa si dovrebbe parlare? Come? A che fine?
Insomma, cui prodest?
Cos’è per voi la cultura? Cos’è per noi la cultura?
Cos’è per uno studente la cultura? Cos’è per un adolescente la cultura?
Cos’è per gli uomini la cultura?

Se pensi che l’istruzione sia costosa, prova con l’ignoranza” (Derek Bok)
Partendo da questa frase, cerchiamo di capire perché, nella vita, l’uomo tenti, o dovrebbe tentare costantemente di “coltivare” appunto la sua persona, e quale sia il motore all’origine di questa attitudine, preoccupandoci anche, come molti di noi si chiedono, di capire a che pro.
Perché in questa nostra generazione, quella della sovrainformazione e dell'eccessivo cerebralismo involontario ed esasperato, è questo ciò che interessa fondamentalmente, non il motore delle nostre preoccupazioni, ma le conseguenze pratiche che da esse derivano.
Secondo molti, il prezzo della “cultura” sembra essere insostenibile, ovvero implica un impiego di forza ed impegno mentale apparentemente inarrivabile per tanta gente e, sempre più spesso, per i giovani.
Ma concretamente, cos’è la cultura? Come la si può tastare? E’ una qualità umana? C’è un modo per quantificarla? Ha conseguenze pratiche?
Queste, che possono sembrare semplici domande, divengono ingannevolmente scuse nella testa di chi si pone il problema, attenuanti che non risolvono il quesito ma, apparentemente, ne rendono esenti.
Ecco il dilemma fondamentale: “apparentemente”.
Come avrebbe potuto gestirsi l’uomo nel corso del tempo senza filtrare ogni singolo fenomeno che lo circonda attraverso la ragione? Come avrebbe potuto nel tempo evolversi, se non coltivando appunto quel terreno fertile e versatile che è l’intelletto umano?
E come potremmo noi, figli dei frutti della conoscenza di milioni di uomini prima di noi, anche solo pretendere di poter vivere una vita, lasciando che la nostra mente giaccia inutilmente e goffamente sugli allori? E come si potrebbe ritenere degnamente vissuta una vita che non si è affacciata nemmeno su quella finestra aperta rivolta verso l’universo che è la mente umana?
Appare, quindi, costosa la cultura, una volta che il prezzo dell’ignoranza diviene minimizzare la propria esistenza?
Certo, è relativo il bisogno che ogni uomo può avere di questo filtro con cui godere del proprio vissuto,  meno lo è la necessità che ognuno di noi ne ha, tanto per migliorare le capacità che si hanno nel gestire le proprie problematiche, quanto per potersi sempre adattare ai vari tipi di ambienti e relazioni sociali.
Di ciò ne da un esempio il Manzoni nel romanzo “I Promessi Sposi”, più precisamente nel III capitolo, in cui Agnese (madre di Lucia) consiglia a Renzo di farsi aiutare dall’avvocato Azzecca-Garbugli, poiché più istruito, il che avrebbe potuto consentire una risoluzione più facile e più sicura della questione con Don Rodrigo.
A noi poverelli le matasse paion più imbrogliate, perché non sappiam trovarne il bandolo; ma alle volte un parere, una parolina d’un uomo che abbia studiato…so ben io quel che voglio dire”.
Qui il Manzoni, per mezzo di Agnese, allude a come un uomo senza istruzione non possa che rimanere impotente, talvolta irritato, davanti a determinate situazioni a cui la vita lo sottopone e che ben più facilmente potrebbe affrontare, se solo fosse dotato di quello “studio” a cui ella fa riferimento, evitandogli il dover ricorrere a quella “parolina d’uomo che abbia studiato”.
“Parolina d’uomo che abbia studiato”: soffermandoci per un momento su questa frase, si può notare un certo senso di inadeguatezza nelle parole della popolana  Agnese, quel sentimento di amara consapevolezza che accompagna chi nella vita non cerca, o non ha mai cercato, né istruzione né cultura.
Perché amara consapevolezza?
Come definireste voi, quella consapevolezza che consiste in una passiva rassegnazione alla propria ignoranza? Aggiungetevi il senso di rassegnazione all’eventualità che a molti possa bastare poco per servirsi dell’ignoranza altrui…
Come la definireste, voi?

Pensiamo poi a quanti, nel mondo, a differenza nostra, non dispongono della possibilità di formarsi liberamente o, a chi, ancor peggio, si trova a nascere già privato del fondamentale diritto all'istruzione: a seguire riportiamo alcune frasi tratte da un articolo pubblicato sul sito di Zanantsika, un' associazione Onlus, nata ufficialmente in Madagascar nel 2005, con alla base un vero e proprio progetto di sostegno scolastico e culturale in aiuto di tutti quei bambini privati del fondamentale diritto all'istruzione.

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Sono oltre 120 milioni i bambini nel mondo ai quali è negato il diritto fondamentale all’istruzione;
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Nei paesi a basso reddito le nuove generazioni sono la ricchezza più importante e la migliore speranza di spezzare la catena che collega ignoranza, povertà sfruttamento e sottosviluppo;

- In una scuola a misura di bambino i più giovani apprendono oltre alle nozioni basilari che li salvano dall’analfabetismo competenze e comportamenti che serviranno loro nel corso della loro esistenza;
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Nessuna società è mai uscita dal sottosviluppo senza un cospicuo investimento nel proprio capitale umano."

Cosa si può denotare e, in particolare, cosa risalta da queste parole?
Cercando di non divagare, è evidente come istruzione e cultura siano ritenute perno fondamentale per la costruzione tanto dei singolo individui, quanto dell’intero sistema in cui essi si gestiranno.
Una riflessione più profonda può, magari, suscitare in noi dalla consapevolezza di quale fortuita circostanza sia quella in cui noi ci troviamo e, allo stesso tempo, rivelarci quanto poco venga apprezzata: vi è al mondo chi, avendo poco o nulla, vede nella cultura l’unica “ricchezza concreta” alla quale potersi appoggiare e chi, possedendo molto o troppo, magari confuso dalle troppe possibilità, si aggrappa invece a più vane ed astratteillusioni materiali”.

Sentimentalismi a parte, a chi cerca di capire quale utilità possa avere la cultura, non resta che una sicurezza: essa aiuta a tradurre ed interpretare ogni singola cosa accada intorno a noi e qualunque cosa su cui il nostro cervello si soffermi, aiutando lo sviluppo di un migliore e più obiettivo senso critico e consentendo tutto questo senza dover dipendere né doversi affidare ad alcuno.
Un consiglio?
Quello della cultura è un sentiero lungo il quale le bellezze si scorgono man mano che vi ci si addentra, uno dei pochi, se non l’unico nella vita che, una volta intrapreso, può privare di qualunque certezza meno che di quella fondamentale: non vi è in serbo alcun finale triste, né sorprendente o felice; il bello è tutto lungo la strada.
Sapere Aude! Abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza.

Marco Verdesca

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